Secondo l'Osservatorio Iab Italia-Accenture, il business del marketing online può crescere più dell'attuale trend. Se si agisce su formazione, profilazione e standardizzazione
05 Novembre 2010
Internet in Italia è un mondo che viaggia ancora a doppia cifra: per numero di utenti (+l'11,2% per 24 milioni secondo i dati Audiweb di settembre), per tempo speso in rete (21 ore settimanali), ma anche per business in termini di advertising (più di un miliardo di euro quest'anno, cifra che non include una parte di fatturato non monitorato) e per numero di aziende che concorrono a tale business (circa 3.300 stimate pe ril 2010, +27%). Anche non impostando particolari strategie, si potrebbe continuare a viaggiare sugli attuali ritmi di crescita del 15%, arrivando tra tre/quattro anni a sfiorare il miliardo e mezzo per il mercato del marketing online.
Ma c'è modo di fare molto di più. Il Web è "alive and kicking”, dice il vicepresidente di Iab Italia Salvatore Ippolito, e quel miliardo e mezzo può lievitare a tre miliardi agendo su alcuni fattori cruciali, endogeni ed esogeni al fenomeno Web. L'Osservatorio Iab Italia-Accenture, presentato oggi presso Iab Forum, cerca di fare il punto su questi fattori.
Una prima importante linea d'azione è quella, “atavica”, della carenza di linee a banda larga, ma subito dopo spunta una carenza culturale che suggerisce maggiore formazione e anche un doveroso cambiamento di mentalità: le competenze in materia digitale, se ci sono, sono ai livelli operativi, mentre è difficile trovare manager di livello con la necessaria cultura ed esperienza. “Ci vuole una maggiore diffusione di figure professionali con competenze adeguate - avverte Federico Rampolla, responsabile italiano di Accenture Interactive -. Serve una formazione che non sia solo tecnica ma anche di marketing. E inoltre bisogna condividere i successi”. Deve imporsi, secondo Rampolla, la figura del chief multimedia officer, in sostituzione al tradizionale chief marketing officer.
Sul Web devono cambiare i modelli di vendita, perché quelli tradizionali qui non funzionano. Per cominciare servono metriche di misurazione dei risultati standard e condivisibili, magari anche tra offline (i canali tradizionali) e online, e metodi più affinati di profilazione degli utenti, anche questi non standardizzati né tantomeno condivisi. Qui, però, deve essere superato almeno in parte lo scoglio della privacy. Certo sarebbe più facile, per chi vende spazi su Internet, poter contare su una maggiore standardizzazione dei formati esistenti: il problema è segnalato dal 73% del campione monitorato dall'Osservatorio come un vero e proprio freno alla crescita. E allora il primo passo da compiere - e lo sforzo di Iab- Accenture andrà anche in questo senso - è fare chiarezza in un universo ormai talmente diversificato che parlare di banner non ha quasi più senso. Infatti l'utilizzo del banner tradizionale è in contrazione, mentre si spalancano le porte per le sue varie evoluzioni, con il video advertising destinato in futuro a sbancare.
Ma c'è modo di fare molto di più. Il Web è "alive and kicking”, dice il vicepresidente di Iab Italia Salvatore Ippolito, e quel miliardo e mezzo può lievitare a tre miliardi agendo su alcuni fattori cruciali, endogeni ed esogeni al fenomeno Web. L'Osservatorio Iab Italia-Accenture, presentato oggi presso Iab Forum, cerca di fare il punto su questi fattori.
Una prima importante linea d'azione è quella, “atavica”, della carenza di linee a banda larga, ma subito dopo spunta una carenza culturale che suggerisce maggiore formazione e anche un doveroso cambiamento di mentalità: le competenze in materia digitale, se ci sono, sono ai livelli operativi, mentre è difficile trovare manager di livello con la necessaria cultura ed esperienza. “Ci vuole una maggiore diffusione di figure professionali con competenze adeguate - avverte Federico Rampolla, responsabile italiano di Accenture Interactive -. Serve una formazione che non sia solo tecnica ma anche di marketing. E inoltre bisogna condividere i successi”. Deve imporsi, secondo Rampolla, la figura del chief multimedia officer, in sostituzione al tradizionale chief marketing officer.
Sul Web devono cambiare i modelli di vendita, perché quelli tradizionali qui non funzionano. Per cominciare servono metriche di misurazione dei risultati standard e condivisibili, magari anche tra offline (i canali tradizionali) e online, e metodi più affinati di profilazione degli utenti, anche questi non standardizzati né tantomeno condivisi. Qui, però, deve essere superato almeno in parte lo scoglio della privacy. Certo sarebbe più facile, per chi vende spazi su Internet, poter contare su una maggiore standardizzazione dei formati esistenti: il problema è segnalato dal 73% del campione monitorato dall'Osservatorio come un vero e proprio freno alla crescita. E allora il primo passo da compiere - e lo sforzo di Iab- Accenture andrà anche in questo senso - è fare chiarezza in un universo ormai talmente diversificato che parlare di banner non ha quasi più senso. Infatti l'utilizzo del banner tradizionale è in contrazione, mentre si spalancano le porte per le sue varie evoluzioni, con il video advertising destinato in futuro a sbancare.
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