lunedì 13 dicembre 2010

Nel regno di Google con i geni della rete -

Nel campus di Mountain View è nato il miracolo del portale. Qui novemila persone di tutte le nazionalità lavorano al sito che raccoglie le "domande" del mondo tra palestre, caffé, asili per i figli dei dipendenti

MOUNTAIN VIEW - L'uomo che raccoglie tutte le domande del mondo arriva in ufficio alle 9.30, si siede alla scrivania della stanzetta al secondo piano del GooglePlex che divide con altri due formidabili geni - questo ha inventato Google News, quest'altro ha riscritto l'algoritmo dei miracoli - e per prima cosa apre la mail. E qui cominciano subito i problemi. Che farebbero impazzire chiunque tranne questo ingegnere di Bangalore che in Silicon Valley ha trovato davvero l'America. "Scorro la lista di tutto quello che non va e mi metto al lavoro" dice Ben Gomes. "In fondo la cosa più interessante di questo mestiere è che ogni giorno c'è qualcosa di interessante... ".

Ringraziate la saggezza indiana. E quell'amico di Ben che un giorno di 11 anni fa gli suggerì di fare domanda d'assunzione. "Io non sapevo neppure cosa fosse, nessuno nel '99 lo sapeva ancora". E infatti. Torna a casa e su Internet digita: "Gogol". "Perché non sapevo neppure come si scrivesse Google". Forse anche per quel primo errore Ben Gomes è l'uomo che ha trasformato l'idea di Larry Page e Sergey Brin in quella macchina da guerra che oggi vi corregge le parole sbagliate e vi dà le risposte giuste. È lui che ha ideato "Autocomplete", quella funzione che finisce di scrivere per voi la parola mentre la state digitando. E ora "Instant", quell'altra funzione che finisce di scrivere addirittura la domanda mentre digitate le prime parole. La rivista Slate ha scritto che così Google diventa il nostro inconscio: ci dice cosa cerchiamo prima ancora che lo sappiamo. Non si sente un po' il dottor Freud del web? "Per carità: per fortuna la gente su Internet non cerca la propria mamma.

Diciamo che proviamo a indovinare quello che qualcuno sta cercando. Grazie a quello che gli altri hanno cercato finora e che cerchiamo di immagazzinare il più velocemente possibile". Un miliardo di ricerche al giorno e le risposte che arrivano in un quarto di secondo. Obiettivo? "Cominciare a cercare prima ancora che voi digitiate...".

Sì, Ben è il genio della lampada. Ma forse per una volta è il caso di dire che è stata la lampada a fare il genio. Questa "lampada" che sorge a un'ora di auto da San Francisco, al 1600 di Amphiteatre Parkway, Mountain View: in quella Silicon Valley che proprio sulla scia della guerra tra Google e Facebook (per tacere di Apple) sta conoscendo, dice il New York Times, l'ennesimo boom. "Ecco, qui abbiamo lasciato questa specie di brecciolino perché volevamo portare l'esterno all'interno, il mondo di fuori dentro" dice Jordan Newman, il ragazzo con gli occhialoni alla Elvis Costello a cui la santa trinità - i fondatori Page e Brin e il supermanager Eric Schmidt - ha affidato l'immagine del colosso da 6 miliardi di reddito.

Immaginate quattro hangar di vetro e cemento alti due piani, collegati da quattro corridoi sospesi in altezza: questo è il cuore del campus che nei sette anni di vita si è allargato sempre più fino a estendersi anche al di là del vialone per ospitare i novemila "googlers" che sciamano come api. Non è una metafora. Ci sono anche quattro alveari qui dentro, ciascuno colorato di blu, rosso, giallo e verde, i colori ufficiali che vedi dappertutto: sui tre modelli delle cinquecento biciclette che gli impiegati prendono e lasciano per spostarsi da un ufficio all'altro, sulle insegne dei 17-caffè-17 ("Troppi? No, si lavora anche qui"), perfino nei bagni attrezzati con i water closet alla giapponese di Toto dai sedili riscaldabili. "Qui tutto è brainstorming. Vedete queste poltroncine in esposizione? Gli impiegati provano le migliori e offrono i loro suggerimenti. Così il viaggio dal lavoro all'ufficio sui Google Shuttle diventa più comodo. Sul pullmino naturalmente abbiamo messo il wi-fi: però, ecco, il sedile che slitta verso l'esterno è l'invenzione di un googler, così c'è più spazio per muovere il gomito quando scrivi col portatile sulle ginocchia". E come fanno gli impiegati a lanciare i suggerimenti? "Abbiamo una mail per tutto: un ufficio raccoglie le indicazioni e poi le gira ai settori".

Sembra una beffa della storia che il vecchio falansterio dei socialisti utopisti trovi realizzazione proprio qui: nel regno del capitalismo. Poi pensi che il nome intero del fondatore Brin è Sergey Mikaylovich, fuggito all'età di sei anni con i genitori, entrambi scienziati, dall'Unione Sovietica - e il paradosso si colora di vendetta. Qui a Casa Google ci sono due orti comuni, 200 capre da latte, quattro lavanderie automatiche, quattro palestre e perfino due minivasche all'aperto: dove anche adesso che il sole della California si è arreso alla pioggia due impiegati nuotano controcorrente. Un impero del caos solo apparente. Una parco giochi della scienza che si tiene in piedi grazie all'autodisciplina che soltanto una categoria sociale al mondo poteva rispettare: quella degli ingegneri.

Qui c'è un algoritmo per tutto. La filosofia della formula segreta, il mitico PageRank (da Page, l'altro fondatore) sembra rivivere in ogni angolo del campus. Perfino sulla macchinetta dell'espresso: "Attenti Googlers!" avverte il cartello vicino alla italianissima Illy: "Il macinino è stato regolato in modo da darvi la migliore tostatura e offrirvi il caffè più buono possibile: per favore non cambiate i livelli!". Ordine & Libertà è un binomio che nessun rivoluzionario ha mai coniato ma qui a Google è pratica quotidiana. Non c'è un orario d'entrata e neppure d'uscita: "Diciamo che i papà e le mamme tendono ad arrivare più presto e a scappare prima. I single sono più tiratardi". I bambini naturalmente sono i benvenuti e anche i cani possono addormentarsi in ufficio. Sabato e domenica sono off ma c'è sempre qualche ingegnere che sta finendo di lavorare a un progetto. Li vedi sbucare dai parcheggi rigorosamente sotterranei. Oppure lasciare all'unico parking alla luce del sole una delle trecento autombili elettriche che gli impiegati possono prendere in prestito. Perché dai pannelli solari al legno dei divisori qui è tutto o quasi ecosostenibile.

Ma sostenibile è soprattutto il "metodo Google". Come tutti i giganti dell'hi-tech anche questo - che ha costruito la sua fama e i suoi 33 miliardi di cash sulla ricerca delle informazioni - in realtà nasconde i suoi segreti dietro il muro di quella privacy che i suoi motori sono spesso accusati di calpestare. Quanti ingegneri sono al lavoro sui mille progetti del gruppo? Il sistema operativo Android con cui sfida Apple e Microsoft anche sui telefonini. La Google Tv che sta facendo tremare Hollywood e le tv. Il browser Chrome con cui presto si lancerà perfino nella conquista dei pc. No comment. Certo, il cuore resta il motore di ricerca. E qui i segreti sono soprattutto due. Uno lo scopri spulciando i nomi dei cartelli sulle porte degli uffici. Mustafa Hamad. Radu Popovici. Wir Wiswanti. Janfei Zhiu. United colors of Google: saranno sette cervelli su dieci quelli non born in the Usa. L'altro segreto è il sistema aperto. Ti spiegano che il "bix box" è lo scatolone in cui lavorano gli ingegneri di base. Ogni settore della ricerca è autonomo e separato - Google Voice, Google Image - però tutti pescano nel box e ciascuno è in relazione con gli altri. L'idea è quella di un superteam: tutti fanno tutto specializzandosi poi per aree.

Ma i grandi capi? Larry e Sergey? Racconta Jason Freidenfelds, uno dei manager della comunicazione, che l'ultima volta che Page & Brin si sono affacciati da "Charlie's" erano circondati dallo staff di Google Mail: quale posto migliore della più famosa cafeteria del campus per gli ultimi ritocchi al Priority Box che sta rivoluzionando la posta elettronica? I grandi capi insomma intervengono all'inizio e alla fine di un progetto. Anche se sono quasi sempre informati di tutto quello che il cantiere produce: magari fuori dall'orario di lavoro.

Perché la fortuna di Mountain View l'ha fatta anche quella legge del 20 per cento: il "tempo libero sul lavoro" che ogni impiegato può dedicare al suo progetto. Google News, Street View e Google Instant sono nati così. E l'uomo che sovrintende a questi progetti indovinate chi è? Il solito Ben. L'ingegnere che appena arrivato in America non sapeva neppure che cosa fosse l'infernale "Gogol".

Fonte: http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/12/13/news/regno_google-10123853/?ref=HREC2-11

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